martedì 22 marzo 2011

Valentina Cattelan 271594

In quali scenari si trova ad operare l’architetto del 2011? Per rispondere a questa domanda è prima necessario interrogarsi sul significato del termine “scenario”. Esso è “il complesso delle strutture sceniche che raffigurano il luogo o l’ambiente dove si svolge l’azione teatrale, cinematografica, televisiva” (da Dizionario della lingua italiana, Devoto – Oli, Le Monnier). Lo scenario è quindi qualcosa di esterno alla condizione dello spettatore, il quale osserva, analizza e commenta la scena che gli sta di fronte mantenendo però una certa distanza. Partendo da queste considerazioni è possibile fare un passo avanti e definire il contesto in cui l’architetto si trova ad operare: esso, come afferma Natalino Bonazza, non è tanto uno “scenario” quanto piuttosto un “ambiente”. L’ambiente infatti ci offre la possibilità di essere attori e non soltanto spettatori dell’azione. E cosa si può definire “ambiente” meglio dell’architettura? Non è forse quest’ultima che ci chiama ogni giorno a vivere i volumi, le aperture, i rapporti tra interno ed esterno? L’architettura è un palco pieno di attori: progettisti, ingegneri, fornitori, costruttori e futuri utenti. Senza questo sistema di persone non si formerebbero ambienti ma soltanto scene, luoghi statici e privi di vita che di certo non si potrebbero definire “architettura”. Risulta quindi necessario trovare un modo per tenere insieme questi attori per non rischiare che il loro lavoro resti semplice sforzo del singolo che non si concretizza a causa di un mancato coordinamento. Una risposta a questo problema è stata cercata dall’arch. Furio Barzon che ha creato Green Prefab partendo dall’idea di una “piattaforma collaborativa” che riunisca e metta in contatto i diversi attori dell’architettura. In questa piattaforma i progettisti possono trovare una ricca libreria di oggetti proposti dalle aziende di prodotti prefabbricati, con la possibilità di scaricarli gratuitamente e cominciare a conoscerli e sperimentarli nei propri disegni progettuali. Questa “start-up” nasce dal presupposto che nella nostra epoca siamo chiamati a fare i conti con “ambienti digitali”, dai quali non possiamo assentarci semplicemente chiudendo gli occhi o cambiando strada. Siamo infatti circondati da un’intera rete, dal web 2.0, una realtà complessa che richiede competenze adeguate e sempre aggiornate per essere vissuta in modo attivo e consapevole. Non basta infatti saper digitare l’indirizzo di un sito web e navigare al suo interno cercando informazioni utili alle ricerche personali. L’architetto del 2011 deve essere in grado di utilizzare il web non solo come una finestra sul mondo ma anche come un mezzo per permettere al mondo di raggiungerlo! Un modo corretto e sicuramente accattivante è quello proposto da LinkedIn: un gesto apparentemente semplice come scrivere il proprio “curriculum” e pubblicarlo sul web non è in realtà così scontato e qui si trovano utili suggerimenti per non passare inosservati. Alcune di queste idee sulle quali ho cercato di riflettere possono sembrare lontane e irrealizzabili ma se si vuole davvero essere all’altezza è necessario cominciare da subito a cambiare atteggiamento. Vivere questo “ambiente digitale” come un’effettiva opportunità e non come una realtà “troppo grande per me” può davvero permetterci di avere una marcia in più. Per esempio all’architetto non è sufficiente sapere il significato di termini come domotica, sostenibilità, ergonomia: egli deve anche osservare come hanno cercato di rispondere a queste situazioni gli altri progettisti, interrogarsi sui principi che stanno alla base di determinate scelte e intuire quali sarebbero le soluzioni che lui stesso proporrebbe. È questo il modo corretto di vivere il web: non bisogna limitarsi a “stare in linea” (N. Bonazza), bisogna entrare nella rete, scoprirla, tastarla e penetrarci così a fondo da arrivare ad “abitarla”, esserne parte. Queste considerazioni potrebbero essere applicate a molte figure professionali ma credo che scegliere proprio un architetto con tale mentalità possa creare nell’immaginario collettivo un emblema di uomo che costruisce tenendo consapevolmente uniti aspetti del mondo reale e di quello virtuale.

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