lunedì 28 marzo 2011

Manuel Magnaguagno 271143

Con la rapida crescita dell’inquinamento e la sempre più scarsa disponibilità di materie prime, l’architetto moderno non deve più progettare tenendo conto solo dell’utilità dell’edificio in se, ma deve cercare di ridurre l’impatto ambientale degli edifici e i loro rifiuti, cercando di ottenere ambienti belli e confortevoli per i propri occupanti.

L’unione europea si è posta dei traguardi da raggiungere per il contenimento delle emissioni inquinanti, dove c’è l’impegno di ridurre entro il 2020 le emissioni globali di gas a effetto serra di almeno il 20 % al di sotto dei livelli del 1990 e del 30 % qualora venga raggiunto un accordo internazionale. (fonte:http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/doc/direttiva_2010-31-ue.pdf)

Gli edifici sono i principali responsabili del consumo energetico in Europa e delle emissioni di CO2 con un consumo finale di circa il 40% del totale europeo. (fonte: http://giovannadesimone.wordpress.com/2010/06/09/emissioni-di-co2-negli-edifici-e-la-direttiva-europea/)

Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione odierna senza compromettere la possibilità alle generazioni future di soddisfare i loro.

Gli architetti partendo da questo concetto devono realizzare delle strutture che siano a basso impatto ambientale, addirittura ad impatto zero, e che abbiano costi di manutenzione ridotti, realizzando strutture che si autoalimentino senza inquinare e produrre rifiuti.

Con l’aumento di questo problema, negli ultimi anni si è sviluppato moltissimo il settore dei prefabbricati sostenibili, e di una progettazione volta alla massima modularità.

Questo sta producendo una ricerca su nuovi modelli di eco design, prodotti innovativi, materiali ecocompatibili e riciclati per lo sviluppo di una nuova architettura.

Lo sviluppo sostenibile non si può concretizzare senza un nuovo metodo di produzione, infatti negli ultimi anni con lo sviluppo dei computer e di nuovi programmi digitali, come ad esempio Autocad, Archicad ecc.., si è aumentata esponenzialmente la capacità degli architetti di sviluppare nuove soluzioni, con un risparmio anche sul tempo e con la possibilità di creare nuove geometrie.

Un nuovo metodo di progettazione ci è stato illustrato dall’architetto Furio Barzon, fondatore del Collaboratorio. Nel suo intervento ci ha parlato della Green Prefab, una piattaforma di produzione per il settore delle costruzioni. Tale sistema è in grado di produrre una nuova generazione di edifici, sostenibili per costo e prestazioni, utilizzando strumenti software collaborativi e basandosi su un modello industriale di produzione modulare.

In questo modo posso comporre il mio progetto attraverso degli elementi prefabbricati presi direttamente da un database; alla fine posso fare una serie di test, anche a livello ingegneristico, posso calcolare i costi e le prestazioni energetiche. Questo metodo, ci permette di controllare tutta una serie di informazioni sull’edificio, non più legata alla sola struttura, e il disegno dell’architetto diventa un Master Model, cioè il modello principale che controlla tutta la catena di produzione dell’edificio.

Il progetto di Furio Barzon rappresenta una rivoluzione nel modo di progettare, perché unisce il lavoro del progettista direttamente ai settori industriali di produzione, e questo è possibile anche attraverso il WEB 2.0.

Con questo termine si indica l’evoluzione di internet, rispetto alla condizione precedente, nel quale si è raggiunto un elevato livello di interazione tra sito ed utente, e consente di pubblicare, condividere ed informarsi in tempo reale. In questo web ognuno è produttore di se stesso, come ha detto Natalino Bonazza nella sua conferenza.

Il prossimo passo sarà rappresentato dal WEB 3.0, in cui si pensa di trasformare il web in un database, aumentare l’intelligenza artificiale, e creare un web semantico, dove tutti i documenti siano connessi a informazioni e dati in maniera automatica.

L’avvento di questi nuovi programmi digitali da un lato rappresenta una semplificazione del lavoro progettuale, ma dall’altro può portare ad una mancanza di creatività e ad un appiattimento della capacità critica del progettista, il quale si ritrova a dover controllare una ‘’catena di montaggio’’ in cui lui deve essere in grado di dare un senso di unicità alla propria realizzazione.

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