venerdì 25 marzo 2011
Alessandro Mosetti 271644
Oramai da molto tempo si sta parlando di una vera e propria (vedi gli interessanti volumi Architettura e modernità. Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica e Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura di Saggio Antonino, editi da Carocci, http://www.arc1.uniroma1.it/saggio/Libri/recensioni/RivInf/index.htm), ma è bene specificare che, presupposto ad ogni positivo cambiamento, sia necessaria una “rivoluzione delle coscienze” implicate in questo processo di innovazione. Il cambiamento si concretizza non solo nella consapevolezza fine a se stessa dell’utilità del supporto informatico per la professione dell’architetto (ad esempio, quando si parla dell’aiuto che l’informatica può portare a questa professione, si pensa subito al Cad o ai software per il disegno digitale tralasciando, se non ignorando, altre valide soluzioni offerte dalla tecnologia in questo senso) ma si realizza in modo completo e veramente “consapevole” quando a questa conoscenza si affianca una maniera nuova di porsi nei confronti dell’utilizzo della tecnologia informatica. Così si parlava di rivoluzione (http://www.mediamente.rai.it/quotidiano/territorio/t010612_01.asp) quando, negli anni Venti del XX secolo, Le Corbusier, Gropius o Mies Van Der Rohe ricostruirono e riscrissero un’architettura fortemente connotata da un linguaggio nuovo e moderno. Quella dei grandi maestri del Novecento era una rivoluzione industriale poiché legava in modo indissolubile processo produttivo industriale e architettura. Il nuovo linguaggio si innestava e si concretizzava su differenti livelli tanto che sul piano sociale, finalmente si poteva parlare di un’architettura democratica che prendeva come oggetto principale della sua ricerca le case “per tutti”e “di tutti”; dal punto di vista del sistema costruttivo impiegato si passò in modo graduale a costruzioni basate su sistemi leggeri di travi, pilastri ed elementi modulari in acciaio o in calcestruzzo armato (che finalmente libera il progettista dalla schiavitù imposta da materiali come legno, pietra e laterizio, portandolo a considerare strutture che potessero rispondere a quei cinque punti che nel 1929 Corbusier potè mettere per iscritto). Oggi stiamo invece osservando un fenomeno diverso: se nella prima rivoluzione la parola d’ordine degli architetti era “standardizzazione”e “processo seriale”, oggi l’architettura parla in termini di “personalizzazione” e “individualizzazione”, e sembra puntare al lavoro collettivo, mirando a superare. A questo bisogno di collettività e condivisione di esperienze lavorative e non, il Web e i social network rispondono in modo chiaro e convincente. Sono sempre più numerose le piattaforme di condivisione di informazioni che nascono in rete; queste offrono assistenza, aiuto e sostegno non solo agli architetti, ma anche a tutti coloro che sono artefici di un progetto di una qualsiasi natura (dall’ingegnere calcolatore, ai produttori di elementi modulari prefabbricati, ai disegnatori in Autocad ecc…). A questo proposito risulta essere fondamentale riportare la testimonianza di Fulvio Barzon, fondatore di Green Prefab, che riassume in modo generale ma attento le tematiche fin qui trattate. Se ci colleghiamo al sito dell’azienda (http://test.greenprefab.com/page.php?id=3), nella sezione “About Green Prefab” leggiamo che gli obbiettivi preposti dal team si riassumono in tre punti che potremmo considerare le basi su cui dovrà poggiare l’architettura del futuro: 1) To establish global networks and relationships; 2) To produce innovative architectures; 3) To protect the environment; Qui c’è una ripresa di quel cambiamento necessario nel modo di porsi davanti allo strumento informatico, di cui abbiamo parlato prima. Innanzitutto è necessario formare gli studenti (già a livello universitario) al fine di prepararli a leggere fin da subito i cambiamenti in atto nel campo dell’architettura (ma anche dell’ingegneria) nel mondo esterno e spingerli ad affrontare le criticità che si potrebbero manifestare una volta usciti dal mondo accademico. Lo scenario futuro per l’architettura non si baserà quindi solo su un semplice miglioramento della qualità di software quali il Cad, ma viaggerà sui della collaborazione in rete. Il progetto Green Prefab dà la possibilità agli architetti di pubblicare gratuitamente i loro progetti online e di poter guardare, scaricare file ed utilizzare a livello di disegno digitale componenti edilizi prefabbricati reperibili, collocati in una sezione dedicata del sito. Ma non è una semplice brochure in cui poter apprezzare le ultime novità nel campo dei materiali da costruzione e delle tecnologie per la costruzione; non dimentichiamoci che ad oggi il mondo delle costruzioni consuma il 35% delle risorse non rinnovabili del pianeta, e bisogna dunque fare qualcosa per ovviare al problema dell’inquinamento (facendo pressione sull’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili e pulite). Si tratta di un progetto più ampio che mira a rivoluzionare il settore della costruzione non senza guardare all’ambiente, alla società e all’aspetto economico(http://www.mauriziogalluzzo.it/scenari-digitali-green-prefab). Altro problema a cui l’Architettura del futuro dovrà guardare è quello dell’inurbamento eccessivo e sregolato delle grandi città del mondo; basti pensare che, secondo una statistica, nel 2010 il 75% della popolazione mondiale vive prevalentemente in grandi metropoli, spesso cresciute a dismisura e senza piani regolatori, o spesso (dal punto di vista prettamente sociale) con gravi problemi relativi ad integrazione tra individui di differente provenienza sociale (cosa che implica problemi di disoccupazione, scarsa qualità della vita, degrado sociale etc…). L’azione di Green Pre Fab (che considera come parte integrante e presupposto alla sua attività tali fattori) è volta essenzialmente alla ricerca di soluzioni valide che possano aiutare l’architettura a creare un nuovo linguaggio: materiali nuovi, risparmio energetico, materiali artificiali ecocompatibili, interazioni nuove tra architettura ed ambiente; grazie alla prefabbricazione si riuscirà a costruire edifici a minor costo ma di notevole ed elevata qualità. Tutta questa innovazione che in un immediato futuro dovrebbe coinvolgere il mondo dell’architettura (cosa che sta già accadendo sotto i nostri occhi grazie a progetti in tale direzione) trova come necessario presupposto e base da cui partire i seguenti elementi: 1) Trasferire tecnologie dal settore prettamente industriale al settore specifico delle costruzioni; 2) Creare quindi un master model dove tutta la filiera della costruzione possa attingere informazioni utili, idee, progetti etc… 3) Il Cad, strumento indispensabile per capire forme, geometrie complesse; 4) La digital production: governerà già a livello di inizio progetto il ciclo di vita dell’edificio, dalla progettazione, alla costruzione, alla demolizione; 5) Infine Internet: strumento interattivo indispensabile per la condivisione di progetti ed idee; Questi sono dunque i canali su cui si muove e si muoverà la Rivoluzione informatica nel campo dell’Architettura. Come abbiamo appena letto, uno dei punti salienti su cui ancora bisogna lavorare è Internet. Per sviluppare al massimo le potenzialità che l’accesso alla rete può naturalmente garantire, legate ovviamente non solo al campo dell’ architettura, è necessario che cadano tutti quegli ostacoli che nel nostro Paese, ancora impediscono una diretta partecipazione da parte dell’utente. Da tempo oggi si parla di Wi-Fi gratuito e libero per tutti, ma ad oggi sembra un progetto irrealizzabile. E’ interessante menzionare a questo proposito l’idea nata da Wired (http://mag.wired.it/news/storie/manifesto-svegliaitalia.html) che, attraverso una campagna dedicata per la diffusione di internet nelle nostre città e piazze chiamata “Sveglia Italia”, vuole portare su richiesta degli stessi utenti-cittadini la rete dove ancora questa risulti o a pagamento o completamente inesistente. Saranno gli stessi sindaci a mandare la richiesta attraverso il sito di Wired mentre spetterà ai cittadini votare il proprio comune facendo emergere questa sempre più forte “voglia di rete”. Tale progetto cresce e sta assumendo un aspetto veramente concreto, parallelamente all’avanzare della proposta di far diventare l’accesso ad Internet stesso un diritto costituzionale. Si legge ancora al link http://mag.wired.it/news/storie/manifesto-svegliaitalia.html, sul manifesto di Sveglia Italia, come questo progetto focalizzi l’attenzione su quei passi fondamentali che l’Italia dovrebbe sforzarsi a compiere al più presto al fine di “far crescere Internet, innovazione, sviluppo, occupazione ed efficienza”. L’architettura potrà giovare (in maniera totale e non parzializzata) di tale innovazione solo quando l’idea di cambiamento sarà entrata e si sarà ben radicata in noi utenti, studenti, politici, addetti ai lavori volenterosi di agire in prima persona in questo campo. Perché ogni rivoluzione parte sempre da una forte convinzione culturale e da un convincimento che non può derivare da terzi. Anche l’apertura del wi-fi gratuito e la concessione di moltissima banda non potrà portare nessuna evoluzione ed innovazione effettiva se prima non si saranno fatte avanti nuove idee per far entrare questi processi nel ciclo dell’economia del nostro Paese. Come appunto sostiene Roberto Scano (http://scenaridigitali2011.blogspot.com/) è assolutamente inutile avere aziende fortemente innovative ma sconosciute e, in certi casi che non fanno nemmeno conoscere se stesse e i loro prodotti. Questi infatti potranno essere utili ed innovativi a loro volta, ma senza una coscienza aziendale volta all’utilizzazione delle nuove tecnologie in maniera sapiente e, appunto cosciente, rimarremo sempre in una condizione di in equilibrio, in una fase di stasi in mondo che invece sempre più corre sull’onda di un nuovo linguaggio, il linguaggio della condivisione e dell’apertura. A proposito è meglio citare l’affermazione (che riassume l’intero discorso qui precedentemente fatto) dello stesso Scano che, parlando degli “scenari digitali” per il 2011, parla di un anno in cui <… vi deve essere l'alfabetizzazione aziendale all'uso delle nuove tecnologie di comunicazione in rete, il coinvolgimento di persone con reale esperienza …>. Ma qual è quindi questo paesaggio che si prospetta per l’architettura del futuro? In che modo l’informatica interverrà nel processo di progettazione di una qualsiasi architettura? Due sicuramente risultano essere i punti su cui questa rivoluzione sembra voler insistere: 1) “Digitalizzazione” dei processi implicati nella progettazione (dalla vera e propria “pianta” all’organizzazione dell’intero ciclo di vita dell’edificio); 2) “Modellizzazione”; Sul piano della digitalizzazione è stato fatto molto e forse per spiegarlo in modo compiuto, è meglio citare un caso architettonico noto ed esemplare: La stazione dei traghetti di Yokohama (2002) in Giappone, lavoro firmato dallo studio Hadid. Ciò che rende interessante tale progetto è il fatto che esso si sia formato grazie ad un aiuto costante del supporto informatico o meglio, nel fatto che per la sua realizzazione siano stati messi in atto adeguati strumenti informatici “di controllo sia della progettazione sia del cantiere sia nell’affermazione di architetti di nuova generazione (Moussavi e Zaera-Polo) sullo scenario internazionale” (Architettura e modernità, Saggio Antonino, pag. 405). Per comprendere invece che cosa si intenda per modellizzazione bisogna per ovvie ragioni citare i casi di Foster e Gehry. Innanzi tutto per modellizzazione si intende la sempre più comune pratica di controllare sotto profilo rigidamente matematico un’ architettura: lo studio Foster risulta così essere all’avanguardia nella così detta parametrizzazione delle informazioni relative ad un progetto architettonico. Risultato di questo processo rigido e ben strutturato è l’organizzazione coerente delle fasi di progetto, produzione, cantiere e manutenzione. Altro aspetto che fa capo sempre al fenomeno della modellizzazione può essere spiegato citando il caso di Gehry Technologies. Qui, oltre a parametrizzazione o semplice supporto informatico al lavoro dello Studio, si parla di vera e propria tendenza ad un modello globale e tridimensionale che contenga tutte le informazione relative al progetto. Doveroso è chiarire come questo si distacchi completamente dai modelli tradizionali. Questi ultimi si caratterizzano per la staticità delle informazioni, mentre i modelli della GT si distinguono per essere dinamici e “intelligente”. Stiamo parlando di di modelli in cui le informazioni non restano indipendenti e statiche, ma si relazionano continuamente e dinamicamente tra di loro: <… modificando un elemento architettonico potremo verificare simultaneamente l’effetto non solo su tutte le visioni desiderate, ma anche sulla normativa, sul costo, sui calcoli statici, sulla dispersione termica ecc …>. Tali informazioni potranno essere mandate all’azienda implicata nella produzione di quell’elemento modificato o corretto, risparmiando in tempi e in denaro. Il modello elettronico diventerà quindi uno strumento indispensabile per studiare, verificare, simulare e costruire. In conclusione a maggior ragione Saggio afferma che l’architettura del futuro non guarderà più a quell’ “existenz minimum” che richideva per principio un’architettura che esaudiva i bisogni primari e solo quelli, ma mirerà a guardare sempre più all’ “existenz maximum”, ossia alla realizzazione dei desideri e che sia in grado di allargare le possibilità. Però ricordiamoci che presupposto per ogni tipo di cambiamento (nel caso specifico dell’architettura parleremo non proprio di cambiamento ma di “proseguo” sulla via dell’informatica) sta nel convincimento in noi dell’utilità e delle molteplici potenzialità dello stesso strumento informatico.
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