giovedì 31 marzo 2011

Francesco Carraro 271491

Una costruzione moderna dovrebbe essere sicura ai fruitori ma anche a chi la costruisce, antisismica, funzionale anche per le persone con disabilità, a basso impatto ambientale quindi con una sempre migliore gestione energetica, con dei controlli sui materiali impiegati e facile da smaltire.

Inoltre dovrebbe anche utilizzare vernici e finiture non nocive per la salute, richiedere una manutenzione minima o facilmente effettuabile. Tutto questo è molto lontano da quanto praticato nel mondo reale, in particolare nel nostro Paese che è caratterizzato da elevato abusivismo, microimprenditorialità ed un diffuso “fai da te” incontrollabile.

Sono presenti una miriade di norme recenti che regolano la costruzione degli edifici e il principale vincolo per poterle rispettare è il costo troppo elevato, la community Green Prefab ipotizza una possibile strada di miglioramento complessivo della qualità degli edifici, ma con un consistente contenimento dei costi.

Questa proposta è un vero e proprio cambiamento di scenario nel mondo dell’edilizia che cerca di conciliare il costo della costruzione con la risoluzione dei tre grandi problemi legati a questo settore che sono il problema ambientale, quello sociale e quello economico. La community punta sulla prefabbricazione come metodo per raggiungere i propri obbiettivi.

Nella realtà estremamente parcellizzata dell’edilizia italiana gli imprenditori cercano di avere un immediato risultato economico dopo ogni costruzione, in questo modo alla figura dell’architetto appartiene solo la parte tecnica di questo obiettivo; la componente estetica e funzionale divengono spesso deviazioni concedibili solo all’interno di limitati margini di budget. Le preoccupazioni poi dell’impatto ambientale a lungo termine sono segregate al livello della pura immagine commerciale.

In questo scenario la modernizzazione appare una scelta necessaria ma difficilmente praticabile.

Green Prefab propone un ruolo alternativo dell’architettura in grado di modificare l’intero impianto dell’edilizia. Il presupposto è l’esigenza di rendere ecosostenibili le costruzioni attraverso la disponibilità di tecnologie che divengono disponibili e convenienti solo applicando un’economia di scala.

La soluzione progettuale diventa quindi la condivisione in rete di singole componenti architettoniche modulari e compatibili, la soluzione tecnica quella del prefabbricato a forte ingegnerizzazione. Un sodalizio cioè tra produttori di pezzi costruiti e studi di architettura e ingegneria aderenti.

L’idea è geniale, anche se pesca a piene mani dalle recenti esperienze di e-economy. Ad esempio in ambito informatico stiamo assistendo, a partire dal 2008, ai risultati dell’apertura del mondo del software ai microproduttori delle cosiddette “apps”: in un tempo incredibilmente breve si è creata una rete di idee che ha sviluppato l’imponente disponibilità sul mercato a prezzi inferiori ai 5 € di milioni di applicazioni, con un risultato non solo economico, ma anche sociale, creandosi una vasta comunità che collabora ad obiettivi condivisi. E’ lo stesso paradigma che viene intelligentemente proposto nel campo dell’architettura. Paradigma che aveva avuto i suoi precursori nella collaborazione “linux” e poi in Wikipedia. Parafrasando i sistemi di miglioramento della qualità, lo si potrebbe definire un progetto “lean”, nel senso avanzato dalla Toyota Industries.

L’impressione quindi sull’impianto di Green Prefab è assolutamente positiva, anche per la capacità innovativa. Dobbiamo però anche fare un’analisi un po’ più approfondita di quale può essere il suo impatto reale sul terreno del mondo concreto delle costruzioni. Operazione decisamente complessa e difficile da prevedere. Posso quindi tentare solo alcune considerazioni che ne evidenzino vantaggi e svantaggi potenziali.


Pros:

  • miglioramento della qualità anche con costi minori
  • accelerazione tempi di progettazione
  • condivisione delle migliori idee e realizzazioni architettoniche

Cons:

  • rischio di una tendenza all’omologazione impiegando stereotipi ripetitivi
  • riduzione significativa del numero di studi professionali sul territorio, con il rischio di impoverimento della professione
  • il progetto può determinare la reazione di tante parti che ne verrebbero danneggiate: singoli professionisti e singole imprese

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