lunedì 11 aprile 2011

Andrea Fantin 271292

Ma siamo davvero distanti dall’occhio alato dell’Alberti? E con sé, l’architetto e l’architettura possono dirsi veramente completi nel ventunesimo secolo?

Lo scopo distintivo della tradizione occidentale è quello di plasmare il mondo a sua immagine e somiglianza e lo strumento principe per ottenere questo risultato è la tecnica. Infatti, se uno strumento è insostituibile è destinato a diventare lo scopo delle forze che intendono servirsene come di un semplice mezzo. E l’apparato planetario della scienza e della tecnica è ormai lo strumento insostituibile per la sopravvivenza dell’uomo.

Mezzo e strumento sono sinonimi di verità nell’identificare la tecnica. Ma se fosse fine? Portando un esempio: in una situazione conflittuale, lo scontro tra i fini non è solamente lotta tra idee: l’aspetto critico-ideale di questo scontro è profondamente unito all’aspetto pratico, dove ovviamente le forze in gioco si servono soprattutto della tecnica per far prevalere i propri scopi su quelli antagonisti. Ciò comporta che ognuna delle forze in gioco non può rimanere indifferente alla potenza e al rafforzamento dello strumento di cui essa si serve. Se ciò viene trascurato è inevitabile la sopraffazione delle forze antagoniste che invece, per prevalere intendono aumentare la potenza dei loro strumenti. Da ciò è chiaro come diventi necessario assumere il mezzo come scopo primario, cioè subordinare ad esso ciò che inizialmente ci si proponeva come scopo.

L’architettura, definita dal Vitruvio come una scienza, che è adornata di molte cognizioni, e colla quale si regolano tutti i lavori, che si fanno in ogni arte adora la tecnica. Utilizza la tecnica. Nel ventunesimo secolo la figura dell’architetto dispone di un quantitativo di supporti per la progettazione che solamente grazie alla tecnica se ne può servire. AUTOCAD(http://www.autodesk.it/adsk/servlet/pc/index?siteID=457036&id=14626681), ARCHICAD(http://it.wikipedia.org/wiki/ArchiCAD), sono solamente due nomi all’interno della vasta gamma di software che si ha a disposizione. Ma architettura non è solamente questo. Ciò è tecnica, affermare che essa è “scienza”, ci riporta al punto di partenza. Tecnica e scienza come carattere dominante della cultura contemporanea. Tecnica che prevale sul fine. L’architettura così parlando diviene: “tettura”. Semplice tecnica, stagna. Archè?

Quella radice non va sottovalutata. L’architettura vuole e deve tornare alle origini, non ragionare su quale mezzo ci si deve focalizzare per rendere il nostro progetto migliore. Necessario è invece collaborare mettere in relazione tutto ciò che ci circonda. Discutere in primis se quel segno, quel tracciato ha una sua funzione, un suo valore. Dopo vi è la tecnica. Che collaborare. Non isola, non frammenta il lavoro. Ma rendere tutto in relazione, creare un processo unico.

L’architetto Furio Barzon tramite il suo: “Green Prefab”(http://test.greenprefab.com/index.php) utilizza la tecnica come mezzo e non come fine. In questo modello di relazioni, elemento fondamentale del piano estetico, carattere dominante dell’architettura è riuscito a reinserire nel suo involucro di mezzo la tecnica. In questo modo la potenza che fino a poco fa era descritta come prepotenza ritorna mezzo ausiliario per raggiungere il fine. Il fine è l’architettura non la tecnica.

Solo così l’architettura può dirsi completa.

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